Salvatore Manzi, Il medico dei pazzi, 2007, DVD Loop, 06:00
Il medico dei pazzi è un'intervista di Salvatore Manzi a Sergio Piro, celebre psichiatra campano morto nel 2009. Dal giugno del 1959 al febbraio del 1969 è stato Direttore dell'Ospedale Psichiatrico Materdomini di Nocera Superiore (SA), qui iniziò un esperimento di psichiatria alternativa che divenne una "comunità terapeutica", la seconda in Italia dopo quella di Franco Basaglia a Gorizia. Sergio Piro è stato membro della Segreteria nazionale di Psichiatria Democratica dal 1976 al 1981 e poi del Coordinamento Nazionale. Ha lavorato come Direttore dell'Ospedale Psichiatrico "Leonardo Bianchi" di Napoli (III Unità) dal giugno 1974 al 1975. Ha ricoperto la funzione di Direttore dell'Ospedale Psichiatrico "Frullone" di Napoli, funzione che assunse nel dicembre del 1975. Salvatore Manzi, attraverso la moltiplicazioni di una porzione dello stesso video in fase di montaggio, elabora una figura indefinita, quasi onirica, una sorta di allucinazione, quasi ad ipotizzare l'incorrere di un disturbo percettivo del fruitore scaturito dallo stesso racconto del medico.
Il medico dei pazzi (2007), realizzato due anni dopo, (ad Aria finita) riprende il medesimo schema, ma l’incongruo si riduce ad fattore squisitamente ottico: la porzione di inquadratura che carpisce il gesticolare irruente di Sergio Piro, tratto caratterizzante del personaggio, è replicata, e paratatticamente accostata in verticale, ben cinque volte, in modo da renderlo simile ad un millepiedi. Si materializza così una visione allucinatoria che, funzionando come rimando ulteriore alla dimensione del disagio mentale, mette ancora una volta alla prova gli equilibri di chi osserva.
Tuttavia questa volta tutta la tensione del racconto, non privo di punte di drammaticità, laddove viene evocata la condizione dei manicomi negli anni sessanta, dura per gli infermieri non meno che per i malati, si stempera in un lieto fine. Il celebre campione della psichiatria democratica, avendo narrato l’episodio della slegatura dei trecento pazienti, condotta per mezzo della partecipazione attiva degli infermieri, proclama che «se l’infermiere viene innestato in questo processo, senza ombra di dubbio e senza possibilità di fallimento, non esiste alcun burnout». (Taccone Stefano, ExZak, Phoebus, 2014, Casalnuovo di Napoli, pp. 60-61) |
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