Salvatore Manzi, Genesi, 2009, DVD loop 03:49, musica di Gianni Iannitto
Con il libro della Genesi inizia la Bibbia. Tra le numerose narrazioni raccolte vengono descritte: la creazione dell’uomo, le discendenze, l’introduzione del peccato originale nella storia dell’umanità. Salvatore Manzi attraverso un monologo interpretato dall’attrice Valentina Picello prova a descrivere i momenti successivi alla trasgressione (peccato originale): la fine dell’eternità e la consapevolezza di un nuovo corpo. L'artista si interroga sull’influenza del kronos sull’esistenza degli esseri mortali. L’immagine video è suddivisa in tre porzioni, il viso della donna è triplicato. Sullo sfondo si muove quella che Manzi definisce " vegetazione digitale": alberi acquisiti dal web. La traccia sonora è di Gianni Iannitto, Il video di circa 3 minuti è pensato in modalità ciclica (loop).
"Il concetto di “coscienza infelice” subisce invece una sorta di inversione cronologica, in quanto la dimensione estranea alla corruzione materiale diviene condizione retrospettiva prima ancora che proiezione futura, nel video Genesi – realizzato all’inizio dell’autunno 2009 –, ove il personaggio di Eva – qui triplicata con riferimento al simbolismo che quel numero possiede notoriamente nel Cristianesimo? – è immaginata, subito dopo l’epocale trapasso che origina il tempo, in preda ad uno struggente flusso di coscienza – «…il sangue va avanti e indietro, avanti e indietro…»; « …è l’aria che mi entra ed esce… e se poi non entra? E se poi non esce?» – che testimonia appunto il suo primo incontro con l’incertezza della deperibilità. Ne scaturisce una profonda riflessione-immersione nell’essenza perenne dell’umano, in ciò che l’uomo è costantemente, al di là di ogni congiuntura storica, sociale ed economica, e che nessuna rivoluzione potrà mai trascendere. L’unico trascendimento possibile risiede infatti qui nel kierkegaardiano “salto fideistico”. In realtà da qualche tempo Salvatore avverte una sorta di inadeguatezza, di insufficienza, di parzialità nell’affronto diretto – pure praticato per tanti anni – delle urgenze del presente. È come se così facendo percepisse di precludersi la dimensione dell’universale, di dismettere l’intelligenza esploratrice e comunicativa del linguaggio sulla soglia della porta, proibendosi di trafiggere il cuore del mondo.
Tale radicale mutamento di prospettiva non implica comunque – neanche questa volta – un completo lasciarsi alle spalle gli strumenti e le attitudini linguistiche del passato: se l’atmosfera generale in cui il personaggio campeggia – supportata dalla traccia sonora di Gianni Iannitto – si riallaccia ad alcuni precedenti video di Salvatore nella tensione inquieta che la contraddistingue, ma non nel particolare genere di inquietudine che è ora trasmessa – un tempo si trattava forse di un qualcosa di maggiormente riferibile ad un potere sinistro ed invisibile, ma di origine assolutamente immanente e sociale, benché oppressivo nei confronti della socialità stessa; ora siamo di fronte ad un pungolo capace di sollecitare innanzi tutto l’anima e la riflessione sul suo destino, di suggerire il mistero di ciò che è oltre i sensi –, l’espediente attraverso il quale è ricavato l’irreale paesaggio alberato dello sfondo – simile a quello adoperato dai maghi, si accorge Salvatore stesso a posteriori – si riallaccia, nella sua mera origine di prelievo telematico, a tutto il discorso dell’assenza dell’autore ed, ancor più specificamente, all’assenza del regista di cui pure ho parlato nel testo precedente". (Taccone Stefano, ExZak, Phoebus, 2014, Casalnuovo di Napoli, pp. 84-86) |
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