RB
Nel 2001 in alcuni spazi espositivi italiani (RADIO GOLD di Vercelli, OFFICINA di Lucca, T293 di Napoli) furono esposte, creando non pochi dissapori, 1200 copie falsificate della rivista Flash art a firma di Zak Manzi. Il 2002 ti vede protagonista di una nuova provocazione al mondo dell'arte con la diffusione di un comunicato stampa, che annunciava una falsa mostra negli spazi del gallerista Emi Fontana; e ancora sempre nel 2002, più di trecento manifesti pubblicizzavamo una nuova, falsa mostra, negli spazi del Centro Sociale Officina 99. La necessità di creare un cortocircuito tra te e il sistema dell'arte è sempre stato uno degli elementi che ha contraddistinto la tua ricerca artistica ed il tuo personale rapporto con il mondo dell'arte. Nel passaggio dalle "dichiarazioni" d'illusorietà dell'arte del primo periodo, alle successive denunce ironiche, critiche e puntuali delle questioni socio-politiche e ambientali, la trasformazione linguistica del tuo lavoro è da considerarsi sinonimo di rifiuto/rottura degli stereotipi nel quale di volta in volta il "sistema" provava ad etichettarti. Parlaci di questi passaggi e della continuità e rotture che legano Zak Manzi a Salvatore Manzi, dall'artista sovversivo al video-maker impegnato, fino all'ultimo "disorientamento" regalatoci, con il "Salvatore pittore".
SM
I miei esordi da artista sono sicuramente densi di profonda avversione verso il sistema dell'arte e le sue regole. Senza alcun dubbio, la mia formazione accademica ha contribuito nel creare in me posizioni antagoniste al sistema dell'arte e sentimenti di repulsione verso le forme tradizionali dell'arte. In quegli anni, riflettevo spesso sulle considerazioni di Piero Manzoni circa il "potere" della firma d'artista (ero affascinato da quella serie di happening in cui l'artista apponeva la sua firma sul corpo di uomini e di donne); in particolare ero attratto dalla possibilità di scindere, la produzione artistica dall'autore. La ricerca sull'assenza dell'autore nell'opera d'arte contemporanea, mi spinse a praticare forme di esclusioni creative. In uno scritto del 1999, affermavo in merito: "Decidere di non essere autore dei proprio lavoro, e accettare di essere autore di un lavoro non proprio, sono i punti fondamentali dei mio progetto". I Flash art apocrifi, a cui fai riferimento nella domanda, sono la realizzazione, l'esplicazione concreta di questo aspetto della mia ricerca, che si incrociava in quegli anni con quella dell'artista Angelo Rossi. L'amico casertano, decise di rinunciare alla sua firma e concedere a me tutte le sue idee, le sue produzioni, dichiarando: "Rinuncio a firmare le mie opere per consentire a Zak Manzi di fare arte senza far nulla, per consentirgli di non pensare da artista ma produrre, esporre e vendere ugualmente. Liberarsi dal dovere-piacere di essere autore". In realtà, quella che agli occhi di tanti poteva sembrare una buffonata, sia per Angelo che per me, diventava col trascorrere del tempo, una condizione dolorosa, pericolosa, "disumana". In quegli anni la rete approda nel sistema dell'arte, si diffonderanno le caselle -ed indirizzari- di posta elettronica delle gallerie e le prime riviste specializzate on-line. Devo riconoscere, che con estrema semplicità, riuscivo a "sabotare certi servizi", manomettere strumenti e produrre informazioni fasulle! La realizzazione di false mostre, era un'azione in linea con la mia idea di azzeramento creativo, cioè la creazione di un evento senza realizzazione reale, un processo che convalidava la mia tesi di una superiorità dell'informazione a discapito del dato reale e del processo creativo.
La seconda fase Zak Manzi mi vede impegnato, invece, in una riappropriazione del diritto di produzione; in rottura netta con la formazione ed il percorso iniziale. Disegnavo, dipingevo e realizzavo video. Un passaggio questo, che susciterà non poco interesse, anche in un giovanissimo Stefano Taccone, che a partire dal 2005, inizierà a seguire il mio lavoro e le varie rotture/evoluzioni che lo contraddistingueranno. Dal 2003 il video inizia a diventare il mio linguaggio preferito, potevo con esso realizzare dei prodotti in poco spazio, senza possedere uno studio e soldi da investire. Ero in grado di raggiungere chiunque con estrema velocità, anche attraverso la rete. I lavori video di questi anni sono caratterizzati dalla presenza di frequenti riferimenti socio-politici. La mia attività di operatore sociale in ambito psichiatrico, intrapresa negli anni del servizio civile, inizia ad "entrare" in molti dei miei progetti video (Therapy, Burnout, Il medico dei pazzi, Ho scritto una poesia). Altri lavori invece affrontano i temi della pace e del disarmo. Non mancarono alcune considerazioni sulla condizione odiosa del vivere in regime berlusconiano. Di certo, la mia recente predilezione per la pittura, avrà provocato smarrimento in molti amici e addetti ai lavori, ma la mia vita, come la vita di ognuno di noi, è in trasformazione. Non ho paura di cambiare, di considerarmi altro, di assecondare ciò che in questo momento ritengo prezioso. La novità è ciò che scopro di nuovo in me stesso.
RB
Il lavoro video Area limitata del 2011, in cui l'accentuazione del carattere pittorico è data dalla saturazione dei colori; ancora il lavoro video Partita datato sempre al 2011, in cui le figure perdono definizione e consistenza tridimensionale, possono essere considerati in qualche modo un preludio/anticipazione di una ricerca che si dirigerà sempre più verso la pittura? E in questa evoluzione che guarda al passato che incidenza simbolica ha un lavoro video dal titolo Genesi?
SM
Ho sempre considerato i miei video "dipinti in movimento", ho sempre considerato il video una superficie pittorica. Oltre i lavori nominati, c'è da considerare il video Barricate del 2011, che anticipa la mia attuale predilezione per l'astrazione. Genesi ha a che fare con la mia conversione alla fede evangelica avvenuta nel 2006 ed il relativo interrogarmi sull'amore di Dio e le scritture sacre.
RB
Untitled 1945 è il titolo dell'intervento pittorico site specific realizzato nello spazio Di.st.urb. Tutti tuoi lavori pittorici sono contraddistinti da due cifre, quella segnica -di cui parleremo dopo- e quella numerica. Che funzione ha l'uso di un non titolo nelle tue opere e in questo specifico lavoro, qual è il significato delle cifre/data 1945? E ancora, Salvatore, che valore hanno i criteri di numerazione che ritmano le cadenze sulle quali si organizza la ripetizione e la distribuzione dei tuoi tratti pittorici?
SM
Scegliere un non titolo preserva il dipinto da eventuali approcci idolatrici. Un dipinto è un dipinto, non contiene alcuna sacralità, non ha una identità in quanto oggetto ma un processo di catalogazione in quanto manifestazione della compilazione. Sono partito dalla
cifra 1975 che è l'anno della mia nascita, per poi procedere in un conto alla rovescia. Untitled 1945 è l'anno di nascita di mia madre, a lei dedico questo untitled. Il 1945 è anche l'anno in cui le tenebre hanno parzialmente coperto la luce di questo pianeta con i segni della guerra. Le dimensioni e la forma dello spazio mi consentono di stabilire dei criteri di riempimento o cancellazione. I segni che realizzo sono archetipi della scrittura, sono tavole matematiche che tento di decifrare, presenti in ognuno di noi.
RB
Chi ha avuto modo di soffermarsi e riflettere sui tuoi ultimi lavori e su questo "proseguimento" della tua ricerca, sa che parte della tua attenzione oggi è rivolta alla questione dell'immagine, al ruolo/funzione dell'icona e della figura anche in rapporto ai tuoi studi filosofici e teologici. Protagonista assoluto delle tue opere è il segno, che come accade per l'alfabeto ebraico in sé contiene il carattere e la cifra, è forma e numero. Il segno diviene metafora di un altro sapere; ogni segno è una sorta di pausa tra il mondo esterno e quello interno all'artista, un silenzio meditativo che ci "parla", a mio avviso, delle necessità primarie dell'uomo. Un guardare alla genesi, al punto zero, una ricerca etica della prima radice e delle dinamiche relazionali - collettive ed individuali- che sorreggono e giustificano l'agire dell'uomo. Parlaci dell'arcaicità del tuo lavoro e della funzione del segno/scrittura che ad una riflessione più attenta è cancellazione, quindi manifestazione/negazione.
SM
L'arcaicità presente nei miei dipinti è la sintesi di un percorso tra astrazione e spiritualità che rinvia al tema della irrappresentabilità della divinità. La ricerca del segno minimo, del significato simbolico dei colori utilizzati, tenta di offrire una occasione contemplativa ecumenica e interculturale. Per la costruzione dei dipinti non parto da bozzetti iniziali, né tanto meno utilizzo riferimenti o schemi precostituiti (spolvero, proiezione), ma cerco di instaurare un rapporto fisico con lo spazio, tentando di percepire direzioni e ritmi. Il rifiuto della rappresentazione si automatizza in un atteggiamento motorio che risulta inefficace per la comprensione del motivo riprodotto, a danno della capacità cognitiva e degli aspetti linguistici della scrittura e del suo potenziale matematico. Il campo pittorico si riempie in cerca di una soluzione, fatta di connessioni, sovrapposizioni, accostamenti e intersezioni.
RB
Merleau-Ponty, filosofo francese, nel saggio Il visibile e l'invisibile, superando la dicotomia tra soggetto e oggetto, ci parla una condizione dell'essere che è condivisa tra l'uomo e il mondo. "L'uomo e il mondo sono fatti della stessa carne, segnano una continuità, dove il soggetto è contemporaneamente oggetto, senziente e sentito, toccante e toccato". Secondo il filosofo, l'uomo organizza la sua esistenza attraverso un rapporto di reciprocità col mondo, ogni oggetto, ogni cosa appartenente alla realtà (ogni evento implica una dimensione di visibilità), ma contemporaneamente contiene anche una dimensione spirituale e invisibile. Il rapporto tra queste due dimensioni: visibile e invisibile (fatta di relazioni, forze energetiche, movimenti intensivi) è necessaria, complementare e dialettica. Pensi, in riferimento alla riflessione di Merleau-Ponty, che anche nell'arte vi sia la dualità visibile ed invisibile? E, in relazione al rapporto di reciprocità dell'uomo/artista con il mondo, qual'è la funzione della tua ricerca? Quali le tue emergenze dell'arte? Cosa pensi dell'attuale "sistema dell'arte", della funzione e del ruolo degli "spazi deputati" e degli "spazi indipendenti"?
SM
Noi siamo il visibile e l'invisibile. Non intendo vivere di emergenze, non mi pongo più il problema del sistema dell'arte, né tanto meno del ruolo sociale dell'opera d'arte come prigione ideologica, ma con gioia, rifletto e considero, le meraviglie che ci dona l'Eterno.
RB
Quale legame/rapporto unisce Untitled 1945 e Di.st.urb (Distretto di studi e relazioni urbane/in tempo di crisi)? Cos'è la crisi per il Salvatore Manzi?
SM
Approfitto di questa domanda per ringraziare la tua persona, gli amici Ciro Vitale, Mario Paolucci, Pier Paolo Patti -ed il resto del gruppo Di.st.urb- che mi hanno supportato in questo progetto. Ho trovato in Di.st.urb. l'amore di chi si impegna in una coraggiosa impresa culturale. Spero di aver corrisposto con il medesimo sentimento.
La crisi è l'occasione per essere se stessi.
Nel 2001 in alcuni spazi espositivi italiani (RADIO GOLD di Vercelli, OFFICINA di Lucca, T293 di Napoli) furono esposte, creando non pochi dissapori, 1200 copie falsificate della rivista Flash art a firma di Zak Manzi. Il 2002 ti vede protagonista di una nuova provocazione al mondo dell'arte con la diffusione di un comunicato stampa, che annunciava una falsa mostra negli spazi del gallerista Emi Fontana; e ancora sempre nel 2002, più di trecento manifesti pubblicizzavamo una nuova, falsa mostra, negli spazi del Centro Sociale Officina 99. La necessità di creare un cortocircuito tra te e il sistema dell'arte è sempre stato uno degli elementi che ha contraddistinto la tua ricerca artistica ed il tuo personale rapporto con il mondo dell'arte. Nel passaggio dalle "dichiarazioni" d'illusorietà dell'arte del primo periodo, alle successive denunce ironiche, critiche e puntuali delle questioni socio-politiche e ambientali, la trasformazione linguistica del tuo lavoro è da considerarsi sinonimo di rifiuto/rottura degli stereotipi nel quale di volta in volta il "sistema" provava ad etichettarti. Parlaci di questi passaggi e della continuità e rotture che legano Zak Manzi a Salvatore Manzi, dall'artista sovversivo al video-maker impegnato, fino all'ultimo "disorientamento" regalatoci, con il "Salvatore pittore".
SM
I miei esordi da artista sono sicuramente densi di profonda avversione verso il sistema dell'arte e le sue regole. Senza alcun dubbio, la mia formazione accademica ha contribuito nel creare in me posizioni antagoniste al sistema dell'arte e sentimenti di repulsione verso le forme tradizionali dell'arte. In quegli anni, riflettevo spesso sulle considerazioni di Piero Manzoni circa il "potere" della firma d'artista (ero affascinato da quella serie di happening in cui l'artista apponeva la sua firma sul corpo di uomini e di donne); in particolare ero attratto dalla possibilità di scindere, la produzione artistica dall'autore. La ricerca sull'assenza dell'autore nell'opera d'arte contemporanea, mi spinse a praticare forme di esclusioni creative. In uno scritto del 1999, affermavo in merito: "Decidere di non essere autore dei proprio lavoro, e accettare di essere autore di un lavoro non proprio, sono i punti fondamentali dei mio progetto". I Flash art apocrifi, a cui fai riferimento nella domanda, sono la realizzazione, l'esplicazione concreta di questo aspetto della mia ricerca, che si incrociava in quegli anni con quella dell'artista Angelo Rossi. L'amico casertano, decise di rinunciare alla sua firma e concedere a me tutte le sue idee, le sue produzioni, dichiarando: "Rinuncio a firmare le mie opere per consentire a Zak Manzi di fare arte senza far nulla, per consentirgli di non pensare da artista ma produrre, esporre e vendere ugualmente. Liberarsi dal dovere-piacere di essere autore". In realtà, quella che agli occhi di tanti poteva sembrare una buffonata, sia per Angelo che per me, diventava col trascorrere del tempo, una condizione dolorosa, pericolosa, "disumana". In quegli anni la rete approda nel sistema dell'arte, si diffonderanno le caselle -ed indirizzari- di posta elettronica delle gallerie e le prime riviste specializzate on-line. Devo riconoscere, che con estrema semplicità, riuscivo a "sabotare certi servizi", manomettere strumenti e produrre informazioni fasulle! La realizzazione di false mostre, era un'azione in linea con la mia idea di azzeramento creativo, cioè la creazione di un evento senza realizzazione reale, un processo che convalidava la mia tesi di una superiorità dell'informazione a discapito del dato reale e del processo creativo.
La seconda fase Zak Manzi mi vede impegnato, invece, in una riappropriazione del diritto di produzione; in rottura netta con la formazione ed il percorso iniziale. Disegnavo, dipingevo e realizzavo video. Un passaggio questo, che susciterà non poco interesse, anche in un giovanissimo Stefano Taccone, che a partire dal 2005, inizierà a seguire il mio lavoro e le varie rotture/evoluzioni che lo contraddistingueranno. Dal 2003 il video inizia a diventare il mio linguaggio preferito, potevo con esso realizzare dei prodotti in poco spazio, senza possedere uno studio e soldi da investire. Ero in grado di raggiungere chiunque con estrema velocità, anche attraverso la rete. I lavori video di questi anni sono caratterizzati dalla presenza di frequenti riferimenti socio-politici. La mia attività di operatore sociale in ambito psichiatrico, intrapresa negli anni del servizio civile, inizia ad "entrare" in molti dei miei progetti video (Therapy, Burnout, Il medico dei pazzi, Ho scritto una poesia). Altri lavori invece affrontano i temi della pace e del disarmo. Non mancarono alcune considerazioni sulla condizione odiosa del vivere in regime berlusconiano. Di certo, la mia recente predilezione per la pittura, avrà provocato smarrimento in molti amici e addetti ai lavori, ma la mia vita, come la vita di ognuno di noi, è in trasformazione. Non ho paura di cambiare, di considerarmi altro, di assecondare ciò che in questo momento ritengo prezioso. La novità è ciò che scopro di nuovo in me stesso.
RB
Il lavoro video Area limitata del 2011, in cui l'accentuazione del carattere pittorico è data dalla saturazione dei colori; ancora il lavoro video Partita datato sempre al 2011, in cui le figure perdono definizione e consistenza tridimensionale, possono essere considerati in qualche modo un preludio/anticipazione di una ricerca che si dirigerà sempre più verso la pittura? E in questa evoluzione che guarda al passato che incidenza simbolica ha un lavoro video dal titolo Genesi?
SM
Ho sempre considerato i miei video "dipinti in movimento", ho sempre considerato il video una superficie pittorica. Oltre i lavori nominati, c'è da considerare il video Barricate del 2011, che anticipa la mia attuale predilezione per l'astrazione. Genesi ha a che fare con la mia conversione alla fede evangelica avvenuta nel 2006 ed il relativo interrogarmi sull'amore di Dio e le scritture sacre.
RB
Untitled 1945 è il titolo dell'intervento pittorico site specific realizzato nello spazio Di.st.urb. Tutti tuoi lavori pittorici sono contraddistinti da due cifre, quella segnica -di cui parleremo dopo- e quella numerica. Che funzione ha l'uso di un non titolo nelle tue opere e in questo specifico lavoro, qual è il significato delle cifre/data 1945? E ancora, Salvatore, che valore hanno i criteri di numerazione che ritmano le cadenze sulle quali si organizza la ripetizione e la distribuzione dei tuoi tratti pittorici?
SM
Scegliere un non titolo preserva il dipinto da eventuali approcci idolatrici. Un dipinto è un dipinto, non contiene alcuna sacralità, non ha una identità in quanto oggetto ma un processo di catalogazione in quanto manifestazione della compilazione. Sono partito dalla
cifra 1975 che è l'anno della mia nascita, per poi procedere in un conto alla rovescia. Untitled 1945 è l'anno di nascita di mia madre, a lei dedico questo untitled. Il 1945 è anche l'anno in cui le tenebre hanno parzialmente coperto la luce di questo pianeta con i segni della guerra. Le dimensioni e la forma dello spazio mi consentono di stabilire dei criteri di riempimento o cancellazione. I segni che realizzo sono archetipi della scrittura, sono tavole matematiche che tento di decifrare, presenti in ognuno di noi.
RB
Chi ha avuto modo di soffermarsi e riflettere sui tuoi ultimi lavori e su questo "proseguimento" della tua ricerca, sa che parte della tua attenzione oggi è rivolta alla questione dell'immagine, al ruolo/funzione dell'icona e della figura anche in rapporto ai tuoi studi filosofici e teologici. Protagonista assoluto delle tue opere è il segno, che come accade per l'alfabeto ebraico in sé contiene il carattere e la cifra, è forma e numero. Il segno diviene metafora di un altro sapere; ogni segno è una sorta di pausa tra il mondo esterno e quello interno all'artista, un silenzio meditativo che ci "parla", a mio avviso, delle necessità primarie dell'uomo. Un guardare alla genesi, al punto zero, una ricerca etica della prima radice e delle dinamiche relazionali - collettive ed individuali- che sorreggono e giustificano l'agire dell'uomo. Parlaci dell'arcaicità del tuo lavoro e della funzione del segno/scrittura che ad una riflessione più attenta è cancellazione, quindi manifestazione/negazione.
SM
L'arcaicità presente nei miei dipinti è la sintesi di un percorso tra astrazione e spiritualità che rinvia al tema della irrappresentabilità della divinità. La ricerca del segno minimo, del significato simbolico dei colori utilizzati, tenta di offrire una occasione contemplativa ecumenica e interculturale. Per la costruzione dei dipinti non parto da bozzetti iniziali, né tanto meno utilizzo riferimenti o schemi precostituiti (spolvero, proiezione), ma cerco di instaurare un rapporto fisico con lo spazio, tentando di percepire direzioni e ritmi. Il rifiuto della rappresentazione si automatizza in un atteggiamento motorio che risulta inefficace per la comprensione del motivo riprodotto, a danno della capacità cognitiva e degli aspetti linguistici della scrittura e del suo potenziale matematico. Il campo pittorico si riempie in cerca di una soluzione, fatta di connessioni, sovrapposizioni, accostamenti e intersezioni.
RB
Merleau-Ponty, filosofo francese, nel saggio Il visibile e l'invisibile, superando la dicotomia tra soggetto e oggetto, ci parla una condizione dell'essere che è condivisa tra l'uomo e il mondo. "L'uomo e il mondo sono fatti della stessa carne, segnano una continuità, dove il soggetto è contemporaneamente oggetto, senziente e sentito, toccante e toccato". Secondo il filosofo, l'uomo organizza la sua esistenza attraverso un rapporto di reciprocità col mondo, ogni oggetto, ogni cosa appartenente alla realtà (ogni evento implica una dimensione di visibilità), ma contemporaneamente contiene anche una dimensione spirituale e invisibile. Il rapporto tra queste due dimensioni: visibile e invisibile (fatta di relazioni, forze energetiche, movimenti intensivi) è necessaria, complementare e dialettica. Pensi, in riferimento alla riflessione di Merleau-Ponty, che anche nell'arte vi sia la dualità visibile ed invisibile? E, in relazione al rapporto di reciprocità dell'uomo/artista con il mondo, qual'è la funzione della tua ricerca? Quali le tue emergenze dell'arte? Cosa pensi dell'attuale "sistema dell'arte", della funzione e del ruolo degli "spazi deputati" e degli "spazi indipendenti"?
SM
Noi siamo il visibile e l'invisibile. Non intendo vivere di emergenze, non mi pongo più il problema del sistema dell'arte, né tanto meno del ruolo sociale dell'opera d'arte come prigione ideologica, ma con gioia, rifletto e considero, le meraviglie che ci dona l'Eterno.
RB
Quale legame/rapporto unisce Untitled 1945 e Di.st.urb (Distretto di studi e relazioni urbane/in tempo di crisi)? Cos'è la crisi per il Salvatore Manzi?
SM
Approfitto di questa domanda per ringraziare la tua persona, gli amici Ciro Vitale, Mario Paolucci, Pier Paolo Patti -ed il resto del gruppo Di.st.urb- che mi hanno supportato in questo progetto. Ho trovato in Di.st.urb. l'amore di chi si impegna in una coraggiosa impresa culturale. Spero di aver corrisposto con il medesimo sentimento.
La crisi è l'occasione per essere se stessi.