IR
Che messaggio passa nelle tue opere? Socio-politico, religioso o per te è una forma di meditazione?
SM
Inizio a rispondere al tuo quesito prendendo a prestito alcuni versi dal libro dell'Ecclesiaste: "Per tutto c'è il suo tempo, c'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo: un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato, un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire; un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare, un tempo per gettar via pietre e un tempo per raccoglierle, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci; un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per conservare e un tempo per buttar via, un tempo per strappare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare; un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace." (Ecclesiaste 3,1-8).
Come se in ogni vita si esprimesse quel tempo escatologico della fine, dello scadere di ogni cosa, dell'esaurirsi del male. Nel corso di questi anni ho avvertito l'esigenza di avvicinarmi a diverse questioni: l'attrazione mista a repulsione per il sistema dell'arte, mi ha spinto a produrre opere di contestazione, la condizione politica italiana mi ha suscitato indignazione, la mia recente conversione alla fede evangelica ha indubbiamente condizionato la mia più recente ricerca. Ritengo che la mia sia realmente una pratica di meditazione, un costante esercizio al rispetto verso ogni superficie e pulviscolo.
Talvolta dentro di noi si posa la polvere, traspare dallo sguardo, quando la sua intensità si infittisce come nei dipinti sperimentali di Leonardo, il fondo diventa indefinito, i contorni, non sono più netti, tutto è un amalgama di tristezza. Il soggiorno dei morti è talvolta il luogo dell’infelicità, la cattedrale della polvere immobile.
L’infelice va di luogo in luogo, non ha smesso di vivere per un torto subito, ma per una sorta di continuità emotiva che non intende spezzare. La tristezza non andrebbe mai regalata, non si educa all’infelicità, non si può sperare che un virgulto perisca, che non dia il suo frutto, che la vita non si compia nella sua pienezza. Ma l’infelice è un avido egoista, chiede per il suo malessere il massimo rispetto, tutto il tempo, tutte le vite, divora tutta la gioia nel suo malato e silente unico comandamento.
Prendi la polvere che è dentro di me e smuovila, soffia con il tuo Spirito ed io vivrò.
Chi rigetta la gioia rimane pulviscolo. Come la polvere della città, quella che rimane addosso, ai piedi, scossa in segno di condanna per quanti non hanno voluto accogliere il messaggio della salvezza, l’imminenza del regno di Dio.
Resta in attesa una profezia, una parola certa ricevuta.
La mistica dei pigmenti.
IR
Sei stato influenzato da altri settori dell arte quali la poesia, narrativa, teatro, cinema?
SM
Succedono tante cose e tanti sono i giorni trascorsi, ma poi escono fuori i pensieri, come pesci di sera che saltano a riva. Mi esprimo in un certo modo, anche per le poesie lette, i racconti immaginati, il teatro della vita e i films che mi hanno rapito. Dipende da chi ci governa, se è estate o inverno, se studio di più, se ho mal di gola.
L’arte per me è simile a quando da solo in auto urlo o sto zitto zitto pregando Dio.
La mia opera d’arte più frequente è sorridere alla vita, fare qualche faccenda in casa, credere che esiste il Paradiso, andare avanti e indietro e “gettare il pane sulle acque”.
Sono uscito da tutto e da quel tutto mi tengo lontano, per via di quello che avrei potuto fare, per tutte le cose che accadono se scegli o se non scegli. Produco così, e non conto il mio raccolto, non lo conservo nei granai. Continuo, perché non mi aspetto qualcosa, è il posto delle fragole, perché non voglio andare più forte per superare qualcuno.
Se poi corro è solo per sentire il vento sulla faccia.
IR
Con quali artisti hai avuto un contatto diretto o indiretto nelle tue opere?
SM
Ci sono artisti che in modo diretto hanno profondamente impressionato (quasi in termini fotografici) la mia sensibilità, penso al caro amico Angelo Rossi, per la sua capacità di leggere in modo del tutto straordinario il vivere contemporaneo. Poi ci sono gli artisti inconsapevoli, numerosi e tra i più illuminanti che ho incontrato nel mio impegno sociale. Artisti del dolore agli occhi di tanti, ma che ho sempre invece considerato, della libertà ed allegrezza. Poi c'è l'artista della mia vita, mia moglie, che nella sua quotidiana pratica di riduzione di senso e di segni, ha favorito un mio nuovo dizionario semantico e rafforzato il mio percorso passato, il nostro è un confronto costante.
Sono numerosi gli artisti che indirettamente influenzano la mia produzione, cito solo alcuni: Roman Opalka, Bas Jan Ader, Frank Stella, Alighiero Boetti, Robert Ryman. Li accomuna una coerenza teorica, l'idea di opera che si distacca dall'estro individuale e che si interroga su un sistema oggettivo, "interno", che esaurisce tutte le possibilità nella sua stessa formulazione e soluzione estetica.
Da queste prerogative si innesta una ricerca sul "religioso", non tanto nei confronti dell'opera, quanto di una lettura segnica non sempre visibile e circoscritta all'apparenza.
Che messaggio passa nelle tue opere? Socio-politico, religioso o per te è una forma di meditazione?
SM
Inizio a rispondere al tuo quesito prendendo a prestito alcuni versi dal libro dell'Ecclesiaste: "Per tutto c'è il suo tempo, c'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo: un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato, un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire; un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare, un tempo per gettar via pietre e un tempo per raccoglierle, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci; un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per conservare e un tempo per buttar via, un tempo per strappare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare; un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace." (Ecclesiaste 3,1-8).
Come se in ogni vita si esprimesse quel tempo escatologico della fine, dello scadere di ogni cosa, dell'esaurirsi del male. Nel corso di questi anni ho avvertito l'esigenza di avvicinarmi a diverse questioni: l'attrazione mista a repulsione per il sistema dell'arte, mi ha spinto a produrre opere di contestazione, la condizione politica italiana mi ha suscitato indignazione, la mia recente conversione alla fede evangelica ha indubbiamente condizionato la mia più recente ricerca. Ritengo che la mia sia realmente una pratica di meditazione, un costante esercizio al rispetto verso ogni superficie e pulviscolo.
Talvolta dentro di noi si posa la polvere, traspare dallo sguardo, quando la sua intensità si infittisce come nei dipinti sperimentali di Leonardo, il fondo diventa indefinito, i contorni, non sono più netti, tutto è un amalgama di tristezza. Il soggiorno dei morti è talvolta il luogo dell’infelicità, la cattedrale della polvere immobile.
L’infelice va di luogo in luogo, non ha smesso di vivere per un torto subito, ma per una sorta di continuità emotiva che non intende spezzare. La tristezza non andrebbe mai regalata, non si educa all’infelicità, non si può sperare che un virgulto perisca, che non dia il suo frutto, che la vita non si compia nella sua pienezza. Ma l’infelice è un avido egoista, chiede per il suo malessere il massimo rispetto, tutto il tempo, tutte le vite, divora tutta la gioia nel suo malato e silente unico comandamento.
Prendi la polvere che è dentro di me e smuovila, soffia con il tuo Spirito ed io vivrò.
Chi rigetta la gioia rimane pulviscolo. Come la polvere della città, quella che rimane addosso, ai piedi, scossa in segno di condanna per quanti non hanno voluto accogliere il messaggio della salvezza, l’imminenza del regno di Dio.
Resta in attesa una profezia, una parola certa ricevuta.
La mistica dei pigmenti.
IR
Sei stato influenzato da altri settori dell arte quali la poesia, narrativa, teatro, cinema?
SM
Succedono tante cose e tanti sono i giorni trascorsi, ma poi escono fuori i pensieri, come pesci di sera che saltano a riva. Mi esprimo in un certo modo, anche per le poesie lette, i racconti immaginati, il teatro della vita e i films che mi hanno rapito. Dipende da chi ci governa, se è estate o inverno, se studio di più, se ho mal di gola.
L’arte per me è simile a quando da solo in auto urlo o sto zitto zitto pregando Dio.
La mia opera d’arte più frequente è sorridere alla vita, fare qualche faccenda in casa, credere che esiste il Paradiso, andare avanti e indietro e “gettare il pane sulle acque”.
Sono uscito da tutto e da quel tutto mi tengo lontano, per via di quello che avrei potuto fare, per tutte le cose che accadono se scegli o se non scegli. Produco così, e non conto il mio raccolto, non lo conservo nei granai. Continuo, perché non mi aspetto qualcosa, è il posto delle fragole, perché non voglio andare più forte per superare qualcuno.
Se poi corro è solo per sentire il vento sulla faccia.
IR
Con quali artisti hai avuto un contatto diretto o indiretto nelle tue opere?
SM
Ci sono artisti che in modo diretto hanno profondamente impressionato (quasi in termini fotografici) la mia sensibilità, penso al caro amico Angelo Rossi, per la sua capacità di leggere in modo del tutto straordinario il vivere contemporaneo. Poi ci sono gli artisti inconsapevoli, numerosi e tra i più illuminanti che ho incontrato nel mio impegno sociale. Artisti del dolore agli occhi di tanti, ma che ho sempre invece considerato, della libertà ed allegrezza. Poi c'è l'artista della mia vita, mia moglie, che nella sua quotidiana pratica di riduzione di senso e di segni, ha favorito un mio nuovo dizionario semantico e rafforzato il mio percorso passato, il nostro è un confronto costante.
Sono numerosi gli artisti che indirettamente influenzano la mia produzione, cito solo alcuni: Roman Opalka, Bas Jan Ader, Frank Stella, Alighiero Boetti, Robert Ryman. Li accomuna una coerenza teorica, l'idea di opera che si distacca dall'estro individuale e che si interroga su un sistema oggettivo, "interno", che esaurisce tutte le possibilità nella sua stessa formulazione e soluzione estetica.
Da queste prerogative si innesta una ricerca sul "religioso", non tanto nei confronti dell'opera, quanto di una lettura segnica non sempre visibile e circoscritta all'apparenza.